fbpx

Spedizione gratuita acquistando 4 prodotti con spesa minima di 59€ | Consegna rapida in 24/48 ore | Pagamenti sicuri

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom - Recensione
zelda tears of the kingdom recensione

Recensione in breve

Una saga che ha fatto la storia del gaming porta con se tante aspettative, soprattutto per un sequel diretto del Game of the Year 2017 Breath of the Wild, che ha ridefinito il concetto di open world e influenzato tutto quello che è venuto dopo. Aspettarsi di più sembrava eccessivo, ricevere di meglio sembrava impossibile, e invece Nintendo ci è riuscita. Un titolo che ci trasporta in un mondo fantastico in cui possiamo perderci, ma nel quale possiamo fare quasi tutto quello che la nostra mente è in grado di immaginare. La libertà che Tears of the Kingdom ci offre è senza precedenti, così come la sua bellezza.

Introduzione

La saga di The Legend of Zelda ha sempre occupato un posto d’onore nel panorama videoludico, non solo per la fanbase molto numerosa e affezionata, ma anche e soprattutto per la risonanza sull’industria intera; questo perché ogni capitolo della serie ha sempre portato grandi innovazioni, che hanno ridefinito il concetto di videogioco e influenzato inevitabilmente tutti i titoli che li hanno seguiti. Esempio lampante di questo è Breath of the Wild, prequel diretto di Tears of the Kingdom e Game of the Year 2017, che ha reinventato il concetto di open-world e introdotto meccaniche come il paragliding, la durabilità delle armi, la cucina, la libertà di esplorare tutta la mappa sin dall’inizio senza restrizioni e di scoprire la storia in ordine sparso, senza vincoli di dipendenza tra le varie missioni principali. Essendo Tears of the Kingdom un sequel basato interamente su un gioco come Breath of the Wild, quasi non ci aspettavamo grosse deviazioni o stravolgimenti, ma siamo stati smentiti da un titolo che stravolge nuovamente alcuni concetti che nei videogiochi ci sembravano scontati, creando nuovi standard per il medium.

Trama

Il gioco riprende qualche anno dopo la fine del capitolo precedente, in una Hyrule che sta ancora affrontando la ricostruzione dopo la battaglia finale contro Ganon. Il nostro eroe Link e la principessa Zelda vengono chiamati ad esplorare i sotterranei del castello, da cui una strana sostanza, chiamata miasma, ha iniziato a fuoriuscire ed invadere il regno, risucchiando la forza vitale di chi entra in contatto con essa. Link e Zelda si trovano in camere antiche, chiaramente costruite da un antico popolo di divinità discese dal cielo per fondare Hyrule, chiamati Zonau. Dopo aver esaminato diversi bassorilievi, che ci raccontano la storia della nascita del regno e della guerra dell’imprigionamento, scendiamo in una grossa caverna in cui un male antico viene risvegliato. La principessa Zelda viene teletrasportata in un regno diverso, mentre Link subisce gravi danni e viene portato su un’isola celeste per guarire. Sarà nostro compito scoprire che fine ha fatto Zelda e liberare il regno da questa nuova minaccia. La storia non devia molto dalla classica trama di tutti i titoli della saga: risveglio di Link, trovare la spada, salvare la principessa e sconfiggere il cattivo, ma il gioco ci dona estrema libertà nello scoprire e completare le missioni principali e secondarie in qualsiasi ordine, rivelando ogni volta una parte del mistero. La principessa Zelda non è mai stata una damigella in pericolo nemmeno nei titoli passati della serie, essendo la reincarnazione della dea Hylia ed essendo dotata del potere di imprigionare il male, ma in Tears of the Kingdom ha il suo arco narrativo, e sarà costretta a prendere decisioni importanti per salvare il regno. Link, come da tradizione, è muto e non proferisce parola per l’intero gioco. O meglio, non lo sentiamo mai parlare, né possiamo leggere i sottotitoli di quello che dice, ma in realtà comunica con gli altri personaggi, che ripeteranno pedissequamente ogni sua parola per permetterci di comprendere quello che sta dicendo. Nonostante questo, risulta molto espressivo, anche se il suo silenzio costruisce quell’alone di determinazione e risolutezza, proprie dell’eroe del tempo (o della sua reincarnazione, a seconda di come vogliamo interpretare la timeline).

Setting

Il setting è il regno di Hyrule, la cui mappa è identica a quella di Breath of the Wild, ma modificata da questo cataclisma che ha aperto voragini nel terreno e fatto cadere pezzi di isole volanti sulla terra. Ed è proprio qui che la mappa introduce i cambiamenti più grandi del gioco, ovvero aggiungendo altri due “piani”, ovvero le isole del cielo e le profondità della terra. Da qui si spiega il gioco di parole voluto nel titolo, poiché “tears” in inglese sono sia le “lacrime” del regno che i “livelli” o “piani” del regno. La più grande delle isole fluttuanti servirà da zona tutorial, così come il plateau in Breath of the Wild, mentre il sottosuolo rappresenta un’intera nuova mappa, grande tanto quanto Hyrule stessa! Questi nuovi livelli donano, oltre a tanti spazi nuovi da esplorare, una verticalità estrema al gioco, che diventa uno dei temi principali del titolo stesso, richiamando anche Skyward Sword. Solcare il cielo diventerà uno dei punti focali del gameplay, insieme con uno dei nuovi poteri di Link, l’Ascensus, che gli permette di attraversare qualsiasi oggetto concreto direttamente sopra di lui, per sbucare dall’altra parte. Questo potere cambia il modo di vedere il mondo di gioco, poiché grazie ad esso i soffitti non saranno più un confine invalicabile, anzi saranno più utili del vuoto, ribaltando la nostra percezione.

Combat system

Il sistema di combattimento riprende tutte le meccaniche di Breath of the Wild: le armi hanno un loro valore di attacco e una loro durata, terminata la quale si distruggeranno, rendendo importante la gestione dell’inventario e delle armi più potenti per i nemici più ostici. Le tipologie di arma sono le stesse: a una mano, a due mani, lance, boomerang e bacchette magiche, con archi e scudi che hanno un inventario a parte. Link può sferrare una combo di base, un attacco caricato, lanciare la propria arma, parare, schivare e deflettere il colpo. I nemici sfruttano attacchi diversi, diversi pattern di movimento, possono impugnare le stesse armi che possiamo usare anche noi, e hanno delle vulnerabilità sia fisiche che elementali. L’innovazione più grande introdotta da Tears of the Kingdom per il combattimento riguarda un altro nuovo potere di Link, il Compositor, che ci permette di combinare a tutto il nostro equipaggiamento QUALSIASI oggetto presente nel mondo di gioco. Ogni oggetto avrà un effetto diverso, influenzerà la durabilità della nostra arma e il suo danno, oltre a creare effetti unici che dovremo sfruttare per vincere i nostri scontri. Ad esempio, possiamo fondere una spada con un corno di mostro per creare un’arma con danno maggiore, legare una foglia ad un bastone per creare un ventaglio che genera folate di vento, collegare un frutto infuocato ad una freccia per incendiare i nemici, o un fungo ad uno scudo per far rimbalzare gli attacchi che pariamo. Questi sono solo pochissimi esempi di quello che è possibile fare con questo potere, che ci offre infinite possibilità di sperimentazione e tanto tanto divertimento!

Ultramano

Abbiamo già nominato due dei nuovi poteri di Link, ma veniamo ora al più popolare tra i creator e quello che di più ha rivoluzionato, secondo noi, il paradigma di videogioco: l’Ultramano. Questo potere ci permette di agganciare tra loro diversi oggetti presenti nel mondo di gioco, senza nessuna limitazione, sia nel tipo di oggetti che nel loro numero. Il builder è molto versatile, poiché ci permette di muovere un oggetto alla volta in tutte e tre le dimensioni e ruotarlo su tutti e tre gli assi, con scarto di 45 gradi. Una volta trovata la posizione relativa che ci soddisfa tra due oggetti, non resta che avvicinare l’oggetto che stiamo manipolando all’altro, e un puntino ci mostrerà il punto di aggancio tra le due superfici. Questo punto di aggancio può essere praticamente ovunque sull’oggetto fermo, dando una libertà di costruzione infinita. Per fare qualche esempio, potremo avvicinare due assi di legno per collegarle, costruendo così un ponte, o prendere tre tronchi e legarli insieme per fare una zattera, fino a creare le strutture più impensabili. Il gioco ci metterà infatti a disposizione i cosiddetti “congegni Zonau”, che sono degli oggetti racchiusi in delle sfere, che potremo accumulare nel nostro inventario e usare a nostro piacimento. Tra questi oggetti troviamo alianti, razzi, ruote, turbine, mongolfiere, cannoni, teste sputafuoco, automi in grado di seguire i nemici, e tanti altri. Questi oggetti possono essere combinati tra loro e con tutti gli oggetti che troviamo nel mondo di gioco, per creare ad esempio un veicolo con quattro ruote ed un tronco al centro, una mongolfiera con cannone rotante, alcuni creator hanno costruito robottoni semoventi, trappole per mostri, razzi spaziali e anche una Bat-mobile! Oltre alla libertà nel costruire, usando questi oggetti noteremo subito come tutto quello che succede a schermo è regolato da leggi fisiche precise e realistiche: i collegamenti tra due parti hanno una loro resistenza e possono staccarsi se il peso è eccessivo, o se applichiamo forze nella direzione sbagliata. Tutto questo permette al giocatore una libertà infinita, poiché se nella mia mente una cosa potrebbe funzionare, nel gioco sarà quasi sicuramente fattibile. È questo il livello di libertà a cui ci riferiamo, parlando non a caso di rivoluzione e di cambio di paradigma.

Progressione

Come nel capitolo precedente, non c’è un vero e proprio aumento di livello, ma la progressione è un misto di esperienza del giocatore e ricompense per l’esplorazione. Disseminati nella mappa, invece dei sacrari di Breath of the Wild, ci sono dei templi, in cui potremo partecipare a sfide o risolvere enigmi sempre molto fantasiosi e interessanti. Anche in queste sezioni puzzle si riflette la libertà di questo titolo, dato che ci sarà sempre più di un modo di affrontare ogni tempio. La ricompensa per il completamento dell’enigma sarà una sfera della benedizione, e con quattro sfere della benedizione potremo chiedere alla dea di donarci un porta-cuore o un porta-vigore, andando ad incrementare la nostra vita o la nostra stamina. A parte la quantità di salute e vigore, tutte le altre abilità sono disponibili dal primo momento, e sta al giocatore scoprirle e imparare a sfruttarle per superare gli scontri e gli enigmi ambientali. In Tears of the Kingdom è possibile sbloccare anche dei companion, che ci seguiranno ovunque, aiutandoci nel combattimento e donandoci le loro abilità, molto utili sia in battaglia che durante l’esplorazione. Qui dobbiamo sottolineare un piccolo difetto di questo gioco, perché questi poteri non sono legati alla pressione di un tasto o una combinazione di tasti, ma per attivarli dovremo parlare con il companion. Questo ci ha creato tanti momenti di frustrazione, dato che durante il combattimento abbiamo dovuto rincorrerli, mentre durante l’esplorazione abbiamo attivato i loro poteri per sbaglio troppe volte. È uno dei pochissimi difetti che abbiamo trovato in questo titolo, ma ci ha creato non poco disagio, senza mai determinare però un game over, quindi niente di troppo grave.

Equipaggiamento

A parte le armi, di cui abbiamo già parlato nella sezione del combat system, avremo a disposizione TANTISSIMI capi di abbigliamento, completi divisi in testa, torso e gambe. Ogni capo, oltre ad avere una stat di protezione, ci donerà un effetto aggiuntivo, che può essere un buff o una resistenza ambientale. Gli effetti possono essere sommati, indossando capi con lo stesso effetto, mentre si possono combinare gli effetti diversi indossando capi di completi diversi. Quasi tutti i capi di abbigliamento possono essere potenziati presso le fate radiose, così come in Breath of the Wild, e potenziandoli potremo sbloccare effetti segreti aggiuntivi, oltre ad aumentare le statistiche di difesa. I completi sono anche molto belli da vedere, tutti diversi tra loro, la maggior parte ottenibili attraverso l’esplorazione o come ricompensa delle missioni, mentre alcuni li troveremo in vendita nei negozi. Elemento estetico aggiuntivo: la maggior parte dei completi possono essere portati in tintoria per cambiare il loro schema di colori, basta pagare e avere abbastanza oggetti di quel colore per creare la tinta.

Aspetti tecnici

Dal punto di vista tecnico, il gioco è impressionante, e non usiamo questa parola alla leggera. Durante il nostro playthrough non abbiamo mai visto un calo di framerate o una lentezza nel caricare gli asset. Tears of the Kingdom porta la Switch al limite delle sue capacità computazionali, ma lo fa senza stressare il sistema. Zero bug, zero crash, tutto fila sempre liscio come l’olio. Consideriamo solo la complessità della fisica che viene calcolata ogni volta che costruiamo qualcosa, la velocità con cui possiamo cadere dal cielo e avvicinarci alle diverse zone della mappa, l’utilizzo dell’Ascensus con cui possiamo infilarci nel soffitto di una caverna del sottosuolo e ritrovarci in cima ad una montagna che sovrasta il piano centrale di Hyrule. Tutto è sempre al suo posto, tutto è come ci si aspetta, senza mai interrompere l’immersione.

Conclusione

Ci sarebbe ancora tanto da parlare per descrivere questo gioco, anche perché non smette mai di stupire, anche dopo 200 ore. La mappa è densissima di attività, e viste le sue dimensioni (su 3 piani), la longevità di questo titolo è a tratti impareggiabile. Considerando anche che ad ogni luna rossa i nemici resuscitano e tutte le risorse naturali, come cibo e minerali, vengono ripristinati, non c’è mai una fine al divertimento. Se ci avessero descritto tutto quello che avrebbero implementato in questo titolo prima di poterci giocare, avremmo pensato che non solo la Switch, ma forse anche PS5 e Xbox Series X non ce l’avrebbero fatta a gestire tutto questo onere. Invece Nintendo ha tirato fuori davvero il coniglio dal cilindro, creando un titolo quasi perfetto, che sta avendo tutto il successo che merita. L’impatto che ha avuto sulla community basta a farci capire l’importanza di Tears of the Kingdom per il mondo del gaming: è un titolo che ha già fatto la storia, e che ci accompagnerà per molti anni, forse ancor più di Breath of the Wild. Game of the Year? Forse…