Durante questo periodo estivo sono tante le news che si sono susseguite nel panorama del gaming, che rinforzano il trend degli ultimi anni, in cui piccoli studi sorpassano giganti case videoludiche. Abbiamo parlato la settimana scorsa di Larian Studios, che con il suo Baldur’s Gate 3 sta avendo un successo che lo stesso CEO ha definito inatteso. Abbiamo parlato della fallimentare stagione 1 di Diablo IV, che sta portando il titolo live service a dei livelli preoccupanti di abbandono da parte della sua fanbase, frustrata da un nerfing ingiustificato.
Ma sono molte altre le news che vogliamo raccogliere per analizzare lo stato del mercato del gaming e quello che noi utenti possiamo fare per condizionarlo. Overwatch 2 è diventato il gioco con lo user score più basso della storia su Steam, dopo solo pochi giorni dal suo rilascio sulla piattaforma. Anche lo user score su Metacritic non è lusinghiero (1.4/10), tutto questo perché i giocatori non sono contenti dello stato in cui questo titolo è stato rilasciato: i nuovi contenuti del sequel sono davvero pochi, tanto da poter essere un DLC, i server del primo capitolo sono stati subito chiusi, obbligando i giocatori a migrare sul sequel, la monetizzazione è estrema, il progresso è lentissimo. Tutto questo ha portato i giocatori, esasperati dalla situazione, a fare review-bombing su tutte le piattaforme, ma servirà a qualcosa? Ultima news da prendere in considerazione riguarda Take Two Interactive e Rockstar North, che hanno messo sul mercato un porting di Read Dead Redemption, primo capitolo della serie western, su PS4 e Nintendo Switch. Sottolineiamo la parola “porting”, dato che non sono stati fatti miglioramenti di alcun tipo al gioco, ma semplicemente è stato ottimizzato per girare su last-gen, il che permette di giocarci anche su current-gen tramite backward compatibility. Dato che i giochi di Xbox 360 sono già compatibili con Series X e S, il gioco non è stato ri-rilasciato anche su piattaforma Microsoft, proprio a dimostrazione del fatto che il gioco è praticamente lo stesso. Il problema è il prezzo di 50€, che per un gioco uscito nel 2010 potrebbe essere giustificabile su Switch, ma su PlayStation ci sembra davvero troppo. Non fraintendeteci, è un titolone, che merita di essere giocato soprattutto da chi non lo ha ancora fatto, ma quello che disturba un po’ è il modo con cui Take Two ha immesso questo prodotto sul mercato, senza dargli la cura che merita. Nonostante questo, il titolo in pochi giorni è già in testa alle classifiche di vendita nel Regno Unito.
Per analizzare in maniera critica queste news e trarne delle conclusioni, dobbiamo capire di chi stiamo parlando: Larian Studios è un team indipendente, che ad oggi conta 400 sviluppatori, che potremmo definire di medio-piccole dimensioni. Dall’altra parte abbiamo Activision-Blizzard, produttore sia di Diablo IV che di Overwatch, e Take Two, che sono tra le più grandi aziende dell’industria videoludica mondiale, sia come numero di dipendenti che come fatturato. La differenza sostanziale tra questi due tipi di organizzazione è abbastanza semplice: le realtà più piccole fanno giochi per passione e per soddisfare il proprio pubblico con un prodotto di qualità, mentre le grandi realtà fanno giochi per guadagnare quanto più possibile. Non vogliamo fare gli ingenui, i giochi sono dei prodotti, e come tali devono essere profittevoli, perché se un gioco non vende, l’azienda che lo produce è costretta a chiudere. Ma quando si parla di videogiochi si parla anche di una forma di intrattenimento, di arte, quindi nel momento in cui ci si siede al tavolo per concepire un nuovo titolo, c’è molta differenza tra dire “come facciamo a fare un gioco che sia amato dai nostri fan” a “come facciamo a fare un gioco per far spendere ai nostri fan quanto più denaro possibile”. Nel primo caso, le meccaniche e il bilanciamento del gioco saranno ottimizzati per un’esperienza che possa soddisfare il giocatore, che possa intrattenerlo e portarlo ad amare quel titolo. Nel secondo caso le meccaniche saranno volutamente frustranti, la progressione volutamente lenta, le skin gratuite dei personaggi volutamente brutte, proprio per invogliare il giocatore a spendere in battle-pass, salvatempo e skin. Piccolo disclaimer: non vogliamo essere sempre contro i live-service, ma questi titoli dovrebbero prima di tutto avere una base solida di gameplay unico con meccaniche interessanti e magari anche una storia e una lore ben scritte, su cui si può andare a costruire un impianto di microtransazioni facoltative per il giocatore, che se ha piacere di comprare può sentirsi libero di farlo. Il problema che vediamo nella maggior parte di questi titoli è che vengono concepiti specificamente per prosciugare le tasche dei giocatori, senza dare nulla in cambio.
Veniamo quindi al dunque di questa discussione: cosa possiamo fare noi giocatori per creare il mercato del gaming che noi vogliamo, per eliminare i trend che non ci piacciono e favorire i team che lavorano bene, creando giochi consumer-friendly di qualità? La risposta è tanto banale quanto difficile: dare feedback con il portafogli, ovvero comprare da chi merita e non comprare da chi non merita. Semplice a dirsi, ma molto difficile a farsi, in primis per noi. Che sia una grande azienda come Ubisoft, Activision, Take Two o Electronic Arts, o uno studio piccolo come può essere Larian o come è stato From Software, alla fine tutte le aziende a tutti i livelli guardano al guadagno, ed in base a quello decidono se creare un nuovo titolo e con quale modalità. Facciamo un paio di esempi: siamo stanchi di FIFA (ora EA FC) perché non introduce mai novità sostanziali ma solo rose aggiornate ogni anno? Se nessuno comprasse EA FC per un paio d’anni e continuassero a giocare tutti a FIFA 23, EA dovrebbe fare i conti col fatto che forse sarebbe meglio introdurre qualche contenuto in più, in un gioco che vende ogni anno a 70€ (almeno). Se nessuno comprasse nulla sullo store di Overwatch 2, Activision capirebbe che non deve contare solo sullo store in-game per fare soldi. Perché quindi diciamo che non è così facile a farsi? Perché siamo gamer, siamo persone appassionate ed entusiaste dei nuovi titoli in uscita. Ci lamentiamo ogni anno dello stato di FIFA, eppure ogni anno lo ricompriamo. Bethesda rilascia sempre titoli ingiocabili al lancio, eppure Starfield lo abbiamo pre-ordinato. Ci lamentiamo del fatto che Skyrim sia stato rilasciato mille volte su tutte le console possibili e immaginabili, ma lo abbiamo preso sia per PS3 che per PS4 che per PC e abbiamo pensato seriamente di prenderlo anche su Switch. Sappiamo che non è semplice fare questo cambio di paradigma, perché bisognerebbe guardare la nostra passione con un occhio più distaccato e razionale, e per definizione c’è poca razionalità quando si parla di una passione. Ma il review-bombing lascia il tempo che trova, una volta che la software house di turno ha venduto 10 milioni di copie o guadagna X milioni all’anno sullo store. Lasciare una recensione, anche esageratamente negativa, può sicuramente aiutare altri giocatori a fare una scelta consapevole, ma di certo non possiamo aspettarci che i dirigenti guardino quel numero per misurare il successo della propria azienda. Quindi il compito a casa che ci auto-assegniamo è quello di evitare di premiare chi non se lo merita, non preordinando o non comprando il gioco a prezzo pieno, fino a non comprarlo affatto. Non solo questo, ma anche il contrario: se un titolo ci è piaciuto molto, pensiamo a comprare un DLC o qualcosa sullo store, o preordiniamo il sequel, insomma finanziamo le case videoludiche che ci sembrano più virtuose e meritevoli.
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